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The Old Coppernose

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D'altronde sarebbe sufficiente avere una visione dall'alto, geopolitica, una visione macro che tenga conto degli equilibri mondiali e dei processi storici.

Re Enrico VIII d'Inghilterra (1509-1547) giunse agli onori della cronaca con il soprannome di "The Old Coppernose". Egli fu fervido sostenitore di una rivoluzione culturale che faceva della riforma religiosa il mezzo attraverso cui plasmare la coscienza popolare. Inducendola, tra le altre cose, ad accettare l'usura bancaria.

Membro della celebre dinastia Tudor, era anche discendente dei Lancaster. Il Re sostenne la guerra delle due rose, firmò l'Atto di Supremazia con cui la Chiesa Anglicana si divise da quella di Roma arrogandosi il potere di scegliere in prima persona gli alti dignitari ecclesiastici, giungendo al sequestro dei beni della curia romana. Soprattutto, Re Enrico VIII fu protagonista di guerre intestine contro il Re di Francia, onde ottenere la Supremazia Europea. Emblema dell'assolutismo, favorì cortigiani, eliminando senza indugio gli oppositori. Ne sa qualcosa Tommaso Moro, condannato a morte nel 1535.

A lui Shakspeare dedicò, 66 anni dopo la sua morte, una famosa opera teatrale. Il suo coinvolgimento in dispendiose battaglie determinò un'affannosa caccia all'oro per finanziare le proprie imprese. Ad un tratto il Re si trovò di fronte a un dilemma: ritirare metallo prezioso prelevandolo a suon di tasse dai cittadini, causando deflazione e rarità monetaria con conseguente morte del commercio, oppure ..the Coppernose. Il Sovrano guadagnò questo soprannome perché aveva introdotto così tanto rame (in inglese: Copper) nelle monete d'argento che alla fine risultavano per lo più composte da rame placcato con un sottile strato di argento, tant'è che le parti in bassorilievo, come il naso del re, quando si consumavano restituivano il rame sottostante e diventavano di colore rosso, il colore del rame.

Quali conseguenze? Se Tizio aveva prestato a Caio 10 monete di metallo prezioso con cui acquistare 10 pecore, con la svalutazione (praticata dal sovrano per avere piu' mezzi monetari per il riarmo) Tizio poteva riottenere 10 monete di metallo prezioso, tagliate però con il rame. Questo comportava, in assenza di un adeguamento tra valore nominale e reale, una truffa ai danni di Tizio, il quale ora può acquistare solo 5 pecore. A sua volta, il Re poteva liberarsi dei propri debiti impiegando la metà dell'argento. È precisamente questo il motivo per cui la svalutazione va a favorire i debitori a danno dei creditori. È quel che si dice un abuso della pubblica fede.

In questo marasma sta agli economisti, destreggiarsi tra leve e cambi per tentare di trovare un punto di equilibrio non sempre facile da individuare. Purtroppo, però, come il medico che cura il sintomo e non la causa a lungo andare la malattia prosegue il proprio infausto decorso.

Ora dovrebbe essere chiaro il discorso: i sovrani (o chi per loro), impegnati nella lotta per il dominio geopolitico fanno pagare il conto alla popolazione. Ad esempio, con la svalutazione competitiva, si rendono meno costose le merci per gli acquirenti stranieri, mentre risultano più care le importazioni. Il costo della svalutazione lo paga chi usa moneta svalutata: si vende accontentandosi di un prezzo inferiore, nel contempo pagando più cara la stessa quantità di merce importata. Prezzo che viene pagato dai cittadini, come? in termini di competitività, dunque di massacro sociale, di diritti acquisiti e di retribuzioni corrette al ribasso. Insomma per capirci: cornuti e mazziati. Nel girone di andata perché sfruttati per sovraprodurre, e al ritorno, per correggere le storture del sistema. Fatto, naturalmente salvi, i casi in cui si trovino compratori con ampie disponibilità economiche.

L'altro aspetto del fenomeno noto come deflazione monetaria, ha come conseguente il rafforzare del potere d'acquisto della moneta causata dal prosciugamento del mercato, che può manifestarsi per un eccessivo carico di tasse o per saturazione del mercato; ciò comporta disoccupazione, fallimenti, ed esplosione dei debiti. Le aziende in un vero fuoco incrociato, vedono diminuire i loro ricavi, mentre le famiglie temporeggiano e rimandano gli acquisti. La pratica della svalutazione competitiva, come disperata corsa a restare nel mercato, alla lunga diviene comunque devastante e porta ad una convulsa corsa verso l'abbassamento progressivo dei prezzi per guadagnare fette di mercato.

Inflazione e deflazione sono dunque facce della stessa medaglia; esse sono le armi con le quali i potentati economici e finanziari affilano i denti. La conseguenza, in entrambi i casi, è una corsa al ribasso dei costi. Chi ha il naso di rame, oggi? Ai posteri l'ardua sentenza.

10.02.2021, per Scuola di Studi Giuridici e Monetari "Giacinto Auriti" Dott.ssa Sara Lapico