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La moneta elettronica

Il professore parlava di proprietà della moneta, del simbolo econometrico, non della forma che questo può o deve avere.

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Sotto la definizione di "moneta elettronica" possiamo individuare tante altre definizioni o modi di intendere come, per esempio, e-cash, e-money, denaro elettronico, ecc. Inoltre è possibile identificare tra le definizioni di moneta elettronica anche le locuzioni "denaro digitale" o "virtuale" che, pur appartenendo ad un’altra famiglia, vengono ricondotti allo stesso significato.

Secondo la definizione della Comunità Europea per e-money si intende come “……….. l’equivalente in formato digitale del denaro contante, memorizzato su un dispositivo elettronico o su un server remoto. Un esempio tipico di moneta elettronica è il borsellino elettronico da utilizzare per eseguire piccoli pagamenti. L’e-money può essere memorizzato anche attraverso dispositivi mobile o su internet attraverso personali account.” La direttiva 2000/46/CE, poi integrata con la più recente 2009/110/CE regola i sistemi di pagamento elettronico nell’Unione Europea. La direttiva The-money è entrata in vigore in tutti i paesi dell’Unione Europea il 30/04/2011.

La presenza della moneta elettronica può essere rappresentata in due modi:
1) Dalle somme presenti sulle carte prepagate;
2) Dalle somme che circolano su reti di computer utilizzando uno specifico software.
La moneta elettronica viene utilizzata nelle transazioni che coinvolgono i depositi bancari, il trasferimento elettronico di fondi, il deposito diretto, borsellino elettronico, moneta o valute digitali.
Nello specifico per moneta digitale si intende quel mezzo di scambio che avviene in sostituzione dell’utilizzo delle banconote o monete. Inoltre appartengono alla categoria del denaro digitale le monete virtuali con sistema crittografato; classico esempio il Bitcoin. E’ la stessa Banca Centrale Europea, nel 2012, a definire la moneta virtuale come una specie di moneta digitale non regolamentata in nessuna giurisdizione pur potendo le persone accettarle e scambiarle legalmente (precisazione del 2014).

C’è da aggiungere, a tal proposito, che la moneta virtuale viene considerata in Italia alla stregua di una valuta e, sopra determinati limiti, riportata in dichiarazione dei redditi.
I primi utilizzi della moneta digitale (ricordiamo che per moneta digitale si intende “l’equivalente del denaro contante in formato digitale”) risalgono agli anni ’90 del secolo scorso. L’idea venne a David Chaum, nel 1983 a cui segui nel 1990 la costituzione della società DigiCash.

Mentre le carte prepagate ed i depositi anche in formato digitale esistono essendovi avvenuto un versamento precedente, le carte di credito, pur mantenendo la forma digitale, non possono essere assimilabili, secondo le direttive CE menzionate, alla moneta elettronica.

Il Prof. Giacinto Auriti ne “Il paese dell’utopia”, edito nel 2002, ci ricorda che “Il simbolo monetario può assumere tutte le forme possibili delle fattispecie giuridiche…..il simbolo monetario può essere realizzato, per convenzione, nella luce del computer.”

Infatti, per chi sta a cuore la proprietà popolare della moneta, al professore di Guardiagrele non interessava la forma assunta dal simbolo monetario ma alla cosa più importante, ossia, la possibilità di esercitare pienamente il diritto di proprietà sulla moneta. Al professore non interessava arrivare per gradi, come alcuni potrebbero pensare; lui era integralista al riguardo ed infatti ha bocciato uno dei suoi studenti non avendo capito pienamente cosa occorresse per rendere libero un popolo.

E tutto questo anche se, sempre ne “Il paese dell’Utopia” lui ci scrive che l’euro, essendo una moneta scomoda “…costituisce un incentivo a utilizzare carte di credito e bancomat con cui si sostituisce l’argent de poche…..La banca, in tal modo, fa uso delle nostre tasche come se fosse la sede di una propria agenzia, senza pagare l’affitto…”.

Dal suo punto di vista è come se al danno del 200% all’emissione se ne aggiungesse un ulteriore dell’1% sulla circolazione, svilendo anche il potere d’acquisto di quella moneta debito giunta fino alle nostre tasche.

No, la vera libertà non si raggiunge cercando di rifiutare l’utilizzo della “luce del computer” potendo il simbolo monetario “assumere tutte le fattispecie giuridiche”, bensì appropriandoci legittimamente del simbolo econometrico.

Si, perché per logica un problema aggiuntivo non può essere più importante del problema principale, ossia, della proprietà all’atto dell’emissione; ça va sans dire che risolto il problema alla fonte, rappresentato dal riconoscimento giuridico della proprietà popolare della moneta, tutti gli aspetti secondari si adeguerebbero al principale, compresa la tracciabilità dei movimenti eseguiti che, per legge dello stato è già in vigore. Infatti il DL cosiddetto salva Italia (Dl 201/2011) introduce l’obbligo di comunicare all’Agenzia delle Entrate saldi e movimenti dei rapporti attivi da parte delle istituzioni finanziarie.

No, il professore parlava di proprietà del simbolo e non della forma che questo può assumere la moneta. È bene che noi facciamo nostro il principio logico tomista di non contraddizione a cui lui si ispirava.

Liberiamoci dal dare peso ai problemi secondari.
Liberiamoci soprattutto della moneta debito.
Buona Liberazione.

26/04/2022, Massimiliano Scorrano