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È errato e totalmente fuorviante, parlare di divorzio tra Banca d'Italia e Tesoro

  

"La prassi dell'acquisto residuale alle aste, terminata nell'81, in realtà non era iniziata solo nel '75 con la terza "riforma dei BOT" ma ben prima. Negli anni sessanta il processo di emissione del debito era già soggetto alla consuetudine di usare i Titoli di Stato come base monetaria e come riserva obbligatoria da parte delle banche.

"Con la riforma del sistema di collocamento dei BOT fu possibile modificare anche la disciplina della riserva obbligatoria ponendo fine, in particolare, alla facoltà prima concessa alle banche di utilizzare i BOT. Si stabilirono precisi limiti alla quota di riserva costituibile in BOT, per dare alla Banca Centrale, prima costretta a emettere biglietti quando le aziende di credito decidevano di depositare BOT come riserva obbligatoria, il potere di controllare più da vicino la creazione di base monetaria.

L'insieme di questi provvedimenti valse a costituire le condizioni per lo svolgimento delle operazioni di mercato aperto. Di fatto, tuttavia, anche dopo il 1962 (fino al 1969) la Banca d'Italia s'impegnò a rinegoziare senza sovrapprezzo i BOT, che in conseguenza risultavano assimilabili alla base monetaria, e così le operazioni di mercato aperto non assunsero dimensioni significative e non si sviluppò un vero e proprio mercato secondario per questo tipo di titoli"

Relazione del ministero del Tesoro alla commissione parlamentare di vigilanza del 1988 dal titolo: IL DEBITO PUBBLICO IN ITALIA 1861-1987

 

Lo chiamano tutti "divorzio", ma si intende sostanzialmente la creazione di un mercato secondario aperto e davvero funzionante, vedi il concetto di internazionalizzazione del debito ampiamente dibattuto di recente"

 

Ciò che in realtà è accaduto, in Italia come dovunque, è un

adeguamento del sistema bancario centrale, commerciale e primary dealers al sistema internazionale di negoziazione e compravendita dei debiti pubblici, a cui sia lo Stato italiano che tutti gli altri nessuno escluso hanno aderito a iniziare dalla fondazione del Fed (Federal Reserve System) nel 1913.

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Come si può leggere in questa pubblicazione della Banca d’Italia, una riflessione a trent’anni dalla lettera del Ministro Andreatta al Governatore Ciampi che avviò il “divorzio” tra il Ministero del Tesoro e la Banca d’Italia[1]:

"In occasione della riforma del mercato dei Bot nel 1975 la Banca si è impegnata ad acquistare alle aste tutti i titoli non collocati presso il pubblico, finanziando quindi gli ampi disavanzi del Tesoro con emissione di base monetaria".

Tuttavia prima di quella data non vigeva alcun "matrimonio", nel modo in cui il termine lascerebbe intendere, e se di divorzio si è trattato, come si afferma nella pubblicazione di cui sopra si è trattato di forma consensuale dello stesso. In realtà con il termine "divorzio" si rappresenta un processo graduale che termina sì, ufficialmente, nell'81, ma in realtà si conclude definitivamente nei primi anni del 2000 con l'introduzione dei BTP, i Buoni del Tesoro Poliennali.

La prassi di acquistare i titoli rimasti invenduti sul primario è iniziata negli anni sessanta in occasione delle riforme del mercato dei Bot del '62, del '69 e quella più famosa del '75[2]. Il "divorzio", infatti, non consiste nella fine di un'ingerenza dello Stato sulla politica monetaria (le riforme dei BOT, Buoni Ordinari del Tesoro, e dei testi unici bancari le ha fatte lo Stato e nessun altro ed è questa la ragione per cui il "divorzio" è stato consensuale) e/o nella fine di una prassi consolidata sull'acquisto residuale sul primario da parte della Banca Centrale, ma nell'adeguamento del sistema bancario centrale, commerciale e primary dealers al sistema internazionale di negoziazione e compravendita dei debiti pubblici, a cui sia lo Stato italiano che tutti gli altri nessuno escluso hanno aderito a iniziare dalla fondazione del Fed (Federal Reserve System) nel 1913. È un processo iniziato in America con il bank panic del 1907, proseguito con i provvedimenti presi a seguito della celebre crisi del ’29[3], e già la fascistèrrima legge bancaria del 1936 era null'altro che la versione italica del celebre banking act del '33, che introduce il concetto di "separazione", sì, ma del mercato del debito, e non di un contratto di matrimonio. Introduce (in realtà è la fondazione del Fed a farlo ma con il banking act del '33 viene normato pressoché definitivamente) il concetto di "Indipendenza della banca centrale" e di "mercato aperto".

Nessun governo controlla la politica monetaria di nessuna banca centrale. Nemmeno nel Federal Reserve System, che detto per inciso è un'entità privata e non pubblica[4]:

"Examining the organization and function of the Federal Reserve Banks, and applying the relevant factors, we conclude that the Reserve Banks are not federal instrumentalities for purposes of the FTCA, but are independent, privately owned and locally controlled corporations."

La banca hamiltoniana[5] è una reminiscenza del 1750, precedente allo stesso Ricardo e di cui molti ambiscono la ricostituzione ma che non ha nulla a che fare col sistema di banche centrali attuali, Federal Reserve System compreso. Al contrario, fu proprio l'attività governativa nell'emissione e vendita di obbligazioni govt a portare al bank panic del 1907, che causò di fatto la riforma del sistema bancario e la costituzione del Fed. Allo Stato NON è permesso di finanziarsi attraverso la banca centrale e nel Fed questo è stabilito nientemeno che nell'atto fondativo, applicando alla lettera Smith e Ricardo. La separazione tra mercati primario e secondario è la sola "separazione" di cui è il caso di parlare, viene strutturata nel 1913 alla fondazione del Fed e normata definitivamente nel banking act del '33. Il resto del mondo adottò tali norme da lì a pochi anni a seguire, in specie a seguito degli esiti geopolitici del secondo conflitto mondiale.

Quindi quando sentite parlare del divorziodellottantùno occhio, perché vi stanno prendendo in giro così come accade da eòni. Tanto per usare quelle terminologie marxiane che rimangono familiari a molti, lo Stato è uno strumento della classe dominante e tra i poteri della classe dominante vi è sia quello dell’emissione monetaria che lo stesso Stato, con i suoi tre poteri così come enunciati da Montesquieu. Perciò non è precisamente o perlomeno non solo, il sistema bancario a decidere come e quando fare il bello o cattivo tempo. Della geopolitica dei rapporti di forza tra centri di potere, che non coincidono affatto con la democrazia rappresentativa di reminiscenza rousseana e né tantomeno con l'astrazione prima illuminista e poi novecentesca dello Spirito del popolo, Karl Marx fu nonostante tutto il primo a parlarne consistentemente.

“sarebbe un grave pericolo, lo confesso, se il governo […] avesse il potere di emettere moneta. Io, perciò, propongo di attribuire questo compito a dei commissari inamovibili dal loro incarico se non a seguito di una votazione di uno o entrambi i rami del Parlamento. […] I commissari non dovrebbero mai, sotto nessun pretesto finanziare il governo, né essere in alcun modo sotto il suo controllo o la sua influenza”

David Ricardo, Piano per la costituzione di una banca nazionale, 1823[6].

Quindi, oltre alla teoria del valore Marx ha "tratto spunto" da Ricardo e Adam Smith[7], che come diceva Randall Wray, anzi, lo dice ancora, è stato precursore del cartalismo statalista di Knapp, anche l'idea di una banca centrale nazionale, che nel 1848 insieme ad Engels ha inserito ne Il Manifesto del Partito Comunista[8].

 

29/01/2019, Giovanni Moretti

 

note



[1] L’autonomia della politica monetaria, https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/interventi-governatore/integov2011/AREL_150211.pdf

[2] La prima riforma dei BOT risale al 1962. La seconda avvenne nel '69 e la terza, ben più famosa, è del '75 ed è quella che condusse le fasi conclusive del famoso "divorzio". In questa relazione del ministero del Tesoro alla commissione parlamentare di vigilanza del 1988 dal titolo: IL DEBITO PUBBLICO IN ITALIA 1861-1987

(http://www.dt.tesoro.it/export/sites/sitodt/modules/documenti_it/debito_pubblico/presentazioni_studi_relazioni/20_12_1999_Relazione-del-Direttore-G.pdf),

si descrive come l'intenzione fosse quella di sviluppare un vero mercato secondario di titoli di Stato e l'operazione, anche alle sue conclusioni, (il famigerato divorziodellottantùno) non produsse i risultati sperati e di fatto un vero mercato totalmente aperto di Titoli di Stato italiani si ottenne con l'introduzione dei BTP nel 2003. Pare che con gli anni sessanta sia effettivamente iniziato un lungo processo di allineamento del sistema bancario centrale italiano con una sempre maggiore indipendenza dal controllo politico del Ministero del Tesoro, sul modello del Federal Reserve System americano a seguito della seconda guerra mondiale.

Se ne evince che la prassi dell'acquisto residuale alle aste, terminata nell'81, in realtà non era iniziata solo nel '75 ma ben prima, e prima degli anni sessanta il processo dell'emissione del debito era ancor più vulnerabile per via delle scadenze a breve termine e della consuetudine di usare i Titoli di Stato come base monetaria a tutti gli effetti. Inoltre, con "divorzio" si intende sostanzialmente la creazione di un mercato secondario aperto e davvero funzionante, vedi il concetto di internazionalizzazione del debito ampiamente dibattuto di recente.

 

Estratti della suddetta relazione del ministero del Tesoro alla commissione parlamentare di vigilanza:

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"nel novembre 1962, fu introdotta un'importante riforma del metodo di emissione dei BOT che sostituì il sistema di emissione "a rubinetto" fino ad allora seguito. Unificata la scadenza in quella a 12 mesi, i BOT vennero separati in quelli utili per la riserva obbligatoria delle banche e in quelli liberi. I primi vennero assegnati al prezzo "base" corrispondente al tasso anticipato del 3,5% e i secondi al prezzo meno elevato tra quelli offerti dai partecipanti all'asta rimasti aggiudicatari, cioè col metodo dell'asta marginale ("dutch auction") che era anche il metodo d'asta adottato in quegli anni dal Tesoro degli Stati Uniti.

Con la riforma del sistema di collocamento dei BOT fu possibile modificare anche la disciplina della riserva obbligatoria ponendo fine, in particolare, alla facoltà prima concessa alle banche di utilizzare i BOT. Si stabilirono precisi limiti alla quota di riserva costituibile in BOT, per dare alla Banca Centrale, prima costretta a emettere biglietti quando le aziende di credito decidevano di depositare BOT come riserva obbligatoria, il potere di controllare più da vicino la creazione di base monetaria.

L'insieme di questi provvedimenti valse a costituire le condizioni per lo svolgimento delle operazioni di mercato aperto. Di fatto, tuttavia, anche dopo il 1962 (fino al 1969) la Banca d'Italia s'impegnò a rinegoziare senza sovrapprezzo i BOT, che in conseguenza risultavano assimilabili alla base monetaria, e così le operazioni di mercato aperto non assunsero dimensioni significative e non si sviluppò un vero e proprio mercato secondario per questo tipo di titoli." (pag. 56)

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"Gli acquisti da parte della Banca Centrale divennero particolarmente imponenti nel 1969, quando per loro mezzo, e con il rifinanziamento delle aziende di credito, si compensò parzialmente la distruzione di base monetaria che avveniva attraverso il canale estero, dovuta alle ingenti uscite di capitali richiamati sui mercati internazionali dai forti differenziali di rendimento in atto già dal 1968.

 Tuttavia, nel luglio del 1969, l'intervento sul mercato dei titoli dovette abbandonare la salvaguardia dei tassi fissati nel 1965 e ciò equivalse alla fine della politica di stabilizzazione dei corsi. Ne derivarono una caduta nella domanda dei titoli, un restringersi dei finanziamenti a medio e lungo termine (erogati dagli Istituti di Credito Speciale) e un effetto depressivo sugli investimenti. Prese inoltre a delinearsi il fenomeno, inverso a quello prodottosi nel 1965, dell'incremento dell'intermediazione bancaria.

Nel 1969 venne anche sospesa la prassi operante dal 1962 di acquisto e vendita di BOT da parte della Banca Centrale senza limiti e a prezzi corrispondenti al tasso ufficiale di sconto. Si autorizzò la Banca d'Italia ad acquistare e alienare BOT nei quantitativi e ai tassi opportuni per il controllo della liquidità. La manovra, però, non pervenne a risultati consistenti." (pag.60)

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 "Dalle modifiche introdotte nel 1969 per il collocamento dei BOT non prese impulso un attivo e efficiente mercato monetario. Il sistema dell'asta mista, in funzione fin dal 1962 (quantità fissa e offerta ad un tasso massimo stabilito) mostrò notevoli limiti, particolarmente nel biennio 1973-74. In varie occasioni, il tasso massimo previsto per decreto non fu ritenuto remunerativo dal sistema bancario che, quindi, partecipò in misura ridotta alle aste, costringendo la Banca d'Italia a intervenire pesantemente. Anche in relazione all'ampiezza degli importi di BOT esistenti (cresciuti dai 126 miliardi del dicembre 1970 ai 10750 del febbraio 1975), "appariva sempre più necessaria una revisione del meccanismo di offerta in modo da renderlo idoneo a rispecchiare più prontamente le condizioni della domanda e dell'offerta e le aspettative su liquidità e tassi: questa condizione era necessaria per coinvolgere i vari operatori del mercato e per permettere alla Banca Centrale una partecipazione più diretta ed efficace"

Nell'aprile del 1975 si provvide a ridisegnare la disciplina di emissione dei BOT, ponendo la Banca d'Italia non più come acquirente residuale, ma in concorrenza con gli altri operatori ammessi all'asta. La rosa di questi veniva ampliata includendovi, oltre alle Aziende di Credito e agli Istituti Centrali di Categoria, gli Istituti di Credito Speciale, gli Istituti di Previdenza, le Assicurazioni, le Società Finanziarie e ogni altro soggetto operante tramite gli agenti di cambio.” (pag.77)

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 L'estensione del novero degli operatori ammessi rispondeva all'esigenza di aumentare e rendere più stabile la domanda di BOT sul mercato primario. Lo scopo dell'intera riforma era anche quello di creare un mercato monetario che esprimesse oscillazioni dei tassi più ampie delle escursioni ritenute desiderabili per i tassi a lunga. Di fatto essa rimuoveva uno dei principali ostacoli fino ad allora esistenti ad una larga copertura in titoli del deficit pubblico, evitando di dovere ricorrere a massicci sostegni da parte della Banca Centrale. Un'innovazione fondamentale fu quella di offrire i titoli con un prezzo base largamente inferiore a quello di mercato. Questa innovazione permise l'avvio del finanziamento del Tesoro con BOT, che venivano collocati soprattutto presso le banche. I tassi d'interesse erano, così lasciati alla responsabilità della Banca Centrale. "Il Tesoro, d'altra parte, ne risultava pericolosamente deresponsabilizzato. Al Tesoro si chiedeva ancora di essere il "custode" della spesa, ma nei confronti di pressioni sociali all'espansione della spesa stessa, a questo custode si toglieva, in fondo, una motivazione in proprio: quella di essere il responsabile del finanziamento della spesa, ed in particolare della struttura, e del costo di tale finanziamento.

 Nel 1980 la Banca d'Italia per favorire il collocamento dei titoli presso il sistema bancario diede l'avvio a rifinanziamenti con operazioni di "pronti contro termine", operazioni che furono utilizzate soprattutto dopo il cosiddetto "divorzio" fra Tesoro e Banca Centrale. Infatti, nell'estate del 1981, fu deliberato, dal Ministro del Tesoro di allora, che all'Istituto di emissione venisse tolta la responsabilità di un collocamento totale dell'ammontare dei titoli offerti a un prezzo base e con quantità predeterminata." (pag.77)

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Il "divorzio" fu completato, sul finire dello stesso 1981, dall'adozione di un meccanismo di rifinanziamento parziale dei BOT acquistati in asta e dall'introduzione di emissioni due volte al mese.

Il primo strumento era inteso a scongiurare la mancata partecipazione alle aste di operatori che si fossero trovati in condizioni di temporanee carenze di liquidità. L'istituzione di aste inframensili di BOT permetteva di attenuare, distribuendoli nel corso del mese, gli sbalzi di liquidità provocati dal regolamento dell'asta, di cercare di adeguare con maggiore frequenza (cosa che di fatto non è riuscita pienamente) i rendimenti e di compensare tempestivamente eventuali mancate sottoscrizioni alle aste di fine mese.

 Smentendo timori espressi da più parti al momento del "divorzio", la scissione di ruoli tra Tesoro e Banca d'Italia non diede luogo a consistenti quantitativi di BOT non collocati (nel primo anno di applicazione solo il 6% dell'offerta non fu assegnata in sede d'asta).

A questo esito cooperarono l'atteggiamento elastico assunto dalla Banca Centrale nell'assorbimento dei quantitativi offerti, tassi di rendimento finalmente positivi in termini reali, e l'ascesa quantitativa dei Certificati di Credito del Tesoro a cedola variabile, indicizzata ai rendimenti dei BOT, che incominciavano a sostituirsi ai Buoni Ordinari del Tesoro come principale mezzo di ricorso al mercato.

Dopo la metà degli anni '70, soprattutto per effetto della riforma del loro collocamento realizzata nel 1975, i BOT diventarono la forma caratterizzante del Debito Pubblico italiano (una sorta di "monocoltura"), nonché il suo strumento quantitativamente prevalente. Nel 1976, i BOT rappresentarono un terzo delle passività del settore statale e nell'anno seguente quasi uguagliarono i titoli pubblici (di ogni tipo) a medio e lungo termine sul mercato. Pertanto, veniva emergendo l'esigenza di allungare la vita media del Debito in un contesto inflazionistico che, perdurando ormai da anni, annullava progressivamente l'illusione monetaria rendendo diffidenti sia i debitori che i creditori verso strumenti finanziari a scadenza più lunga e a tasso fisso.

..Di fatto, la vita media residua dei titoli sul mercato (BOT compresi) già nel 1976 era di 4,4 anni, la metà della durata media del 1973. Nel 1977 si registrò un ulteriore dimezzamento e ulteriori cedimenti dell'indice di vita residua del Debito si manifestarono fino al 1981. In quell'anno, l'intero debito sul mercato ebbe una scadenza media di soli 9 mesi." (pag.78)

[3] Nel caso del 1907, il bank run fu causa dell'introduzione della separazione tra politica fiscale e monetaria tramite la separazione tra mercati primario e secondario, alla creazione del Federal Reserve System e al corrispondente divieto da parte dello Stato di finanziarsi attraverso la Banca centrale per evitare bank panic come quello del 1907, ovvero segnando la fine di velleità di tipo hamiltoniano. Il bank run del '29, invece, fu il casus belli che predicò la fine del gold standard e il passaggio all'attuale sistema monetario basato sulla moneta fiduciaria, che rimane tale (fiduciaria) anche con le criptomonete e l'eventuale assenza di circolazione di contante. Soprattutto, quel che accadde nel bank run del '29 non fu un semplice ritiro del contante (https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2007/10/14/crac-1907-la-tempesta-perfetta.html), che ai tempi era in valuta pregiata, ma la vendita massiccia di posizioni azionarie per il crollo del loro valore (http://www.consob.it/web/investor-education/la-crisi-del-29).

[5] «Alexander Hamilton è stato segretario del ministero del Tesoro americano ed è vissuto nella seconda metà del Settecento. Gli statalisti contemporanei, i neostatalisti, tutti, hanno rimosso la memoria storica del fatto che proprio gli americani, a partire dagli esiti del Bank Panic del 1907 hanno separato la politica fiscale da quella monetaria, introducendo e definendo il mercato primario e quello secondario, dei titoli di Stato, rendendoli nettamente separati, rendendo la banca centrale totalmente indipendente dal potere politico e sancendo il divieto da parte dello Stato di finanziarsi attraverso la Banca Centrale. Ora, si può capire che la cosa dispiaccia ed è pur vero che anche tutte senza distinzioni, le più disparate correnti sovraniste dai neofascisti ai neomarxisti, neoleninisti e neorossobruni, sostengono la necessità di controllare la politica monetaria, alcuni lo chiamano quarto potere dello Stato, da parte del Governo, ma per poterlo fare è necessario abrogare tutti i banking act finora emessi dal Congresso, quando però è proprio il Congresso ad averli fortissimamente voluti! In questo contesto, riproporre un Chicago Plan o anche la sola Glass Steagal abrogata negli states negli anni 90, quando questa è uno dei provvedimenti adottati nel banking act del '33 cioè proprio quello che stabilisce in via definitiva il "divorzio" tra politica e banca centrale, tra politica fiscale e politica monetaria negli USA, e da lì a pochissimi anni (in Italia nel '36) in tutto il mondo, è paradossale e contraddittorio farlo proprio mentre si afferma anacronisticamente che la politica monetaria del FED è controllata dal Congresso o che lo sono la BoE, la BoJ o che lo è stata la BdI tra il ‘75 e l’81, e soprattutto quando leggendo il Manifesto del Partito Comunista si apprende che Marx ed Engels asserivano nel 1848 la stessa identica necessità di "accentramento del credito in mano dello Stato mediante una banca nazionale con capitale dello Stato e monopolio esclusivo".»

tratto da: Frammenti accelerazionisti, Immacolata concezione, pag. 46, http://www.giacintoauriti.com/download/summary/2-download/23-immacolata-concezione.html

[6] David Ricardo, Piano per la costituzione di una banca nazionale, 1823, https://play.google.com/store/books/details?id=j-ozAQAAMAAJ&rdid=book-j-ozAQAAMAAJ

[7] “A prince, who should enact that a certain proportion of his taxes should be paid in a paper money of a certain kind, might thereby give a certain value to this paper money”. Adam Smith, “An Inquiry into the Nature and Causes of the Wealth of Nations”, 1776.

traduzione: “Un sovrano che promulgasse l’obbligo di pagare una determinata proporzione delle tasse in una tipologia di moneta cartacea, conferirebbe in tal modo un valore certo a quella moneta”

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È notevole come il patriarca del liberìsmo, ispirato dai fisiocratici e fondatore di una "scienza" economica NON nicomachea, e cioè priva di quell'etica, sia allo stesso tempo capostìpite della scuola psicologica di Vienna, dei marxisti, di eterodossi come Gesell e finànco, ed è questo il punto, dei neo/post keynesiani. È curioso come sia stato precursore dell'attuale curiosissimo e contraddittorio neostatalismo circuitista, e cioè quel tentativo di mettere insieme teoria statale e circuitismo post/neo keynesiani, orizzontalismo e verticalismo, teoria esogena ed endogena sostenendo contemporaneamente entrambe.

Nonostante sia stato contemporaneo di Johann Gottfried Herder (radicalizzatore del positivismo di Montesquieu e il suo "spirito delle leggi" e fondatore del concetto di volksgeist, che per lui era universale e non riservato al sol pòppolo tedesco) ed autore del celebre trattato sulla ricchezza delle naziòni, ai suoi tempi lo Stato nazionale così come lo si intende oggi non esisteva ancora e infatti parlava di prìncipi come Machiavelli. Insieme a Ricardo ha fondato la teoria del valore-lavoro e ispirato varianti liberìste come quella dell’individualismo metodologico di Carl Menger, fondatore della scuola austriaca, e comunìste come quella di Marx. È molto strano e curioso come la sua mano invisìbile continui oggi a ispirare un po' tutti, neomarxìsti e neo-austriaco-globalìsti insieme, specie ora che gli Stati si stanno estinguèndo per eccesso di capitalismo.

Tratto da: Le robinsonate di una cosa in sé, cit. Immacolata concezione, pag. 58.

[8] Il Manifesto del Partito Comunista, https://www.marxists.org/italiano/marx-engels/1848/manifesto/mpc-2c.htm