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Asmodeo, la produzione, il valore e l’oro

La funzione del denaro, appare evidente, è quella di permettere la circolazione delle merci e dei servizi in un rapporto sinallagmatico, ossia di reciproco scambio, commensurandoli.  Per esempio: <Tizio è disposto a cedere olio in cambio di vino, Caio cede le sue mele in cambio di lana ecc..>. In altre parole si può affermare che il possesso del denaro conferisce il diritto di impossessarsi dei beni e dei servizi prodotti dalla collettività. Pertanto, il sottostante di questo strumento è noto: esso non può che essere la produzione.

Per comprendere meglio è utile un richiamo storico. Per millenni gli uomini hanno praticato un’economia di sussistenza, godendo dei frutti della natura attraverso la pratica della caccia e della pesca. Storicamente la produzione con funzione di scambio è riconducibile alla civiltà dei sumeri che, non a caso, hanno inventato la scrittura, l’aratro e la moneta, hanno cioè introdotto lo scambio economico, ossia tutte quelle attività riconducibili sotto la definizione di compravendita.

Ė chiaro che per produrre una merce occorra anzitutto l’iniziativa, la conoscenza, utensili ed altri prodotti e servizi. Alla produzione, dunque, partecipano numerosi soggetti. Supponendo di voler produrre una torta, una volta prodotto il bene finale, occorre stabilire a chi appartiene la torta. Dovremmo forse ritenere proprietario chi ha avuto l’iniziativa? Oppure chi ha ideato la ricetta? Chi ha messo energia produttiva?

In altre parole: a chi spetta il diritto ad appropriarsi del prodotto finale? Chi vanta un diritto soggettivo nei confronti dell’oggetto?
 
Ossia a chi spetta il reddito che, in definitiva altro non è che il corrispettivo della produzione? 

Sono i Sumeri ad aver inventato la scrittura, precisamente per tenere memoria di chi avesse diritto nei confronti dell’oggetto, cioè della produzione. L’annotazione di questo diritto, che aveva efficacia non solo probatoria ma anche costitutiva, è la cosiddetta cartolarizzazione. Attraverso la cartolarizzazione (n.d.r. annotazione) si stabiliva CHI avesse diritto su COSA ed in quale misura, attribuendo la possibilità di negoziare, ossia trasferire, questi diritti.

La funzione svolta oggi dalla banca, è dunque, quella di annotare diritti altrui su cose altrui; essa non partecipa alla produzione. Di contro si appropria dei valori prodotti dalla collettività, in quanto presta i simboli, oggi ricorrendo anche a scritture smaterializzate e, con tale pretesto, si arroga diritti non suoi. 

Ciò risulta possibile in quanto giuridicamente non viene rispettato il sinallagma, ossia la necessaria controprestazione, originando così un’ appropriazione a titolo gratuito da parte di chi emette i simboli monetari.

Giuridicamente il contratto oneroso è quello a prestazioni corrispettive, ovvero quello dal quale scaturiscono diritti e doveri reciproci e nessuno si arricchisce ingiustamente. Risulta quindi evidente che, nel caso in esame, l’ente che emette i simboli è, per così dire, <fuori dal contratto sociale>.

Numerosi articoli si ostinano ad evidenziare che non vi è più copertura in oro a far tempo dall’Agosto del 1971, dunque è possibile stampare senza remore. Questa asserzione è falsa, per il semplice motivo che uno strumento, qualsiasi esso sia, svolge una sua funzione. La funzione precipua del denaro è consentire lo scambio. Pertanto, una contropartita vi è sempre, e come sostenuto in precedenza, è la produzione. La riserva d’oro, richiesta fino al 1971, ha per lo più ragioni geopolitiche o, se si vuole, di rapporti di forza tra Stati. Il richiamo a detta riserva serviva semplicemente a stabilire quale potenza dettasse le direttive principali del commercio internazionale. Caduto il taboo della riserva aurea abbiamo, infatti, assistito ad un’accelerazione vorticosa del processo di mercificazione volta a stabilire nuovi equilibri e scenari geopolitici che hanno visto l’ascesa di Cina ed India.

D’altronde, che si tratti di una mera questione fiduciaria ce lo rammenta molto bene un classico della letteratura dell’ottocento, ossia il Faust di Goethe, scritto tra il 1772 ed il 1831, che pronuncia la seguente frase:

<Non è necessario che il sovrano abbia l'oro, gli basta dire che c'è. Si possono così pagar debiti all'infinito attraverso nuovi debiti, pagando gli interessi ai primi, con il denaro dei secondi>
 
È pertanto chiaro che, da sempre, la leva della produzione è la fiducia del popolo ed essa non dipende materialisticamente dal metallo, come ricorda anche un vecchio detto templare: < non in aes sed fides>.

Abbiamo immaginato, in questo scritto (permetteteci una piccola licenza poetica), che Faust si rivolgesse ad un amico di nome Asmodeo, nel vano tentativo di fargli capire la sua portentosa scoperta, frutto di osservazioni del passato.

E’ pertanto importante sottolineare come un’elargizione di prestiti a tasso zero, come da più parti chiesto, si concreterebbe in una “magnanima” elargizione del sovrano (che non produce nulla), nei confronti del popolo produttivo. In uno scenario del genere risulta evidente che, se anche il sovrano stampasse senza la contropartita della produzione, ciò si tradurrebbe in un’usurpazione maggiore del potere di acquisto a discapito del proprio popolo. Pertanto in un sistema economico come quello odierno, occorre riconoscere che l’odierno oro non è altro che la produzione indirizzata dall’uomo che ne assegna i valori.

Non è nemmeno vero che è la sola Banca Centrale, la quale peraltro agisce per lo più acquistando titoli sul mercato secondario(1), ad avere l’esclusività dell’emissione del denaro. Senza dubbio essa ha un ruolo importante nell’influenzare l’espansione o la contrazione dell’accesso al credito, ma sono le banche cosiddette commerciali a concedere credito al tessuto economico di un Paese. Vi è di più. In una lotta tra potenze, vince chi riesce a vendere le proprie merci. Ė quindi evidente che chi stampa meno, chi abbassa i prezzi, dunque, chi ha la possibilità di aggredire il mercato e la concorrenza, ha la meglio sull’avversario. Ponendo una soglia “psicologica” costituita dalla presenza di riserve d’oro, si giustificava il frenare dell’inflazione, potendo così continuare a mantenere la leva del potere di indirizzo economico, saldamente in mano a pochi. E’ dunque evidente che il concambio con “l’oro”, è una mera questione formale che, tra l’altro non è stata rispettata, come ben testimoniano le spese militari abnormi, affrontate dagli Usa per rafforzare il proprio apparato bellico. Tale strumento è necessario da parte di chi conduce i giochi, per poter continuare ad indirizzare ed influenzare il mercato. Risulta perciò palese che l’interesse del sistema finanziario ed economico in generale si contrapponga all’interesse dei popoli che, in definitiva, sono i produttori delle merci. Risulta facile, giocoforza,  concludere che in un sistema del genere il fine ultimo è l’accentramento del potere economico, indifferente se faccia esso capo ad una nazione o una multinazionale. Il modello ultimo di arrivo è pertanto volto all’ottica dell’affermazione dell’oligopolio o, peggio, del monopolio. Questa situazione pericolosissima mina le fondamenta del sistema democratico e della libera determinazione dell’individuo al quale viene di fatto sottratta la libertà di scelta su un diritto fondamentale, ossia quello al lavoro e alla libera realizzazione della persona umana.

Alla luce di quanto esposto deve risultare chiaro che non è corretto affermare che le banche emettono senza nessun tipo di corrispettivo in cambio. Ė corretto, invece, sostenere che le banche emettono solo prestando una mera attività di annotazione e che, nel caso delle Banche Centrali, ottengono in contropartita i Titoli Di Stato riacquistati sul mercato secondario e obbligazioni di primarie aziende (2) mentre, nel caso delle Banche Commerciali, ottengono in cambio garanzie su diritti di proprietà della propria clientela. Liquidare semplicisticamente la questione, sostenendo che in questa fase di crisi sia necessario solo stampare non esigendo gli interessi del debito, non risolve affatto il problema. Come abbiamo detto prima, e che qui ribadiamo nuovamente, se lo strumento monetario dà il diritto di appropriarsi della produzione altrui, certamente non sarà risolutivo risparmiare un pugno di oneri finanziari passivi sapendo che, chi emette prestando, può vedersi inalterato il sopruso di poter continuare a drenare la ricchezza prodotta senza aver partecipato alla produzione, così come facevano i “sacerdoti del tempio” custodi dei segreti della scrittura e della contabilità. Una piccola nota che può aiutare a dipanare qualche ulteriore dubbio in merito: il prestito a tasso zero già è stato applicato in tantissime operazioni finanziarie ma non ha cambiato, nella sostanza delle cose, i rapporti di forza tra chi necessita dello strumento monetario e tra chi si arroga il diritto di prestarlo; ci piace ricordare che chi detiene il pallino del credito indirizza la produzione, con o senza l’applicazione di interessi passivi, in quanto concede il diritto a chi sta sotto di esso, nella piramide sociale di poter produrre e vendere. Rifiutare a priori la comprensione di questa verità ci rende tutti Asmodeo.

<Quando ti rendi conto che, per produrre, è necessario ottenere Il consenso di coloro che non producono nulla … la tua società è condannata> Ayn Rand

 

10.11.2020, per Scuola di Studi Giuridici e monetari: Ugo Genovesi, Sara Lapico, Massimiliano Scorrano.

note 

(1) http://www.giacintoauriti.com/notizie/202-la-b-c-e-emette-solo-prestando-ma-cosa-e-a-chi.html

(2) http://www.giacintoauriti.com/notizie/200-bce-finanzia-le-imprese-ma-non-gli-stati.html