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BANKITALIA: ALLA FACCIA DELLE FAKE NEWS

Scritto da Redazione.

[Avvertenza:in questo testo indicheremo con il termine “euro” la moneta nella sua accezione di unità di conto o di misura del valore, mentre con il termine “euri” ci riferiremo, a mezzo di una piccola e quasi scherzosa licenza utile però a distinguere visibilmente le due cose, al danaro, ovvero ai mezzi concreti (segni o simboli), mediante i quali si effettuano i pagamenti o gli scambi. Per chiarirci: ad esempio i prezzi dei beni sono espressi in euro; ovviamente i prezzi non sono danaro]

 

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La Banca d'Italia e la BCE hanno finalmente confermato quella che apparentemente poteva sembrare la solita bufala da web. Invece è tutto vero. Dai “piani alti” hanno ammesso che le banche, all'atto della concessione del prestito o dell'affidamento, non mettono a disposizione né prestano danaro proprio o dei risparmiatori, bensì emettono nuovi mezzi monetari in forma di scrittura contabile.

 

Affermano altresì che questi nuovi mezzi monetari, questi nuovi euri, alla restituzione vengono annullati, distrutti, fatta salva la quota interessi (e questa circostanza conferma appunto che non si trattava né di euri propri né dei risparmiatori, altrimenti non li distruggerebbero).

 

È bene precisare che non si sta parlando di strumenti rappresentativi (quale per esempio potrebbe essere una fede di deposito), che consentono un diverso modo di trasferimento di euri a corso legale preesistenti, ma di nuovi euri veri e propri.

 

Essi hanno tuttavia validità differente rispetto a quelli a corso legale. Sono le stesse succitate Autorità Monetarie a ribadirlo. "L'unica moneta in circolazione nell'Eurozona che ha validità di moneta legale è quella emessa dalla BCE". Ergo, tutti gli altri mezzi monetari se pur denominati in euro, emessi da altri soggetti o enti, non hanno la validità degli euri a corso legale. Per esempio, un credito o una cambiale possono essere utilizzati come succedanei monetari in quanto trasferibili mediante cessione o girata, ma di certo non sono moneta a corso legale. Altrimenti sarebbe indifferente ricevere in pagamento una cambiale, anziché moneta a corso legale. Questi strumenti differiscono giuridicamente, non certo per la materia di cui sono fatti. Il discrimine concerne la diversa efficacia solutoria di detti mezzi, e quindi il rischio d’insolvenza del debitore. Dunque aveva ragione Auriti quando affermava che la moneta è una fattispecie giuridica.

 

Bene. La Banca d'Italia e la BCE ci hanno detto cosa NON sono gli euri emessi dalle banche. Però adesso ci devono anche dire che cosa sono. Sono euri falsi, visto che anche la BCE emette danaro in forma scritturale? Oppure sono titoli cambiari o qualcosa ad essi assimilabile, visto la loro natura promissoria?

 

E perché le banche li classificano come depositi? Una cosa è un deposito di moneta legale e altra cosa è invece una cambiale. Così come è evidente anche a un bambino che una cosa è la dazione o il ricevimento di una somma di danaro a corso legale, e altra cosa è la cessione o girata di un titolo cambiario.

 

Perché le leggi tendono a vietare l'utilizzo e la conservazione degli unici euri dichiarati a corso legale, per imporre invece l'utilizzo e la conservazione di euri di dubbia validità (se non addirittura falsi)?

 

Come mai le scritture contabili delle banche hanno efficacia costitutiva di titolo monetario (titolo cambiario o falso titolo), in deroga al principio generale secondo il quale le scritture contabili aziendali hanno mera efficacia probatoria?

 

Visto inoltre che, come riconosce la Banca d’Italia stessa, funzione della moneta è anche quella di costituire riserva di valore, ci domandiamo: questi euri delle banche sono idonei ad assolvere detta funzione, dato che il loro destino ultimo è quello di essere annullati? Essi non sono forse incompatibili con l'art. 47 della Costituzione sulla tutela del risparmio?

 

La BCE sostiene che la sua funzione è conservare nel tempo il valore dell'euro, inteso nella sua accezione di misuratore dei prezzi, cioè conservare il valore dell'unità di conto. Oppure, detto in altro modo, conservare il valore dell’unità di misura del valore. Anche qui si conferma la tesi del Prof. Auriti secondo cui la misura del valore è anche valore della misura. Se infatti il misuratore non avesse valore non ci sarebbe alcuna necessità di conservarne il valore.

 

La nostra Costituzione all’Art. 47 impone alle leggi della Repubblica di tutelare il risparmio in tutte le sue forme. Riteniamo che tale obiettivo non possa esaurirsi soltanto nella conservazione del valore dell'unità di conto (cioè dell’euro). Esso deve certamente andare oltre ed estendersi fino ad assicurare nel tempo anche la validità dei mezzi monetari (cioè degli euri). Cosa me ne faccio altrimenti della conservazione del valore dell'euro, se i miei euri risparmiati non sono più validi (perché rivelatisi semplici cambiali insolute o addirittura falsi)?

 

L’impresa o il cittadino che si reca in banca, il creditore/venditore che accetta in pagamento mezzi monetari provenienti dalla banca, lo fanno su un presupposto di certezza nella fede pubblica e nell’assoluta convinzione (elemento causale del negozio giuridico), che la banca sia quell’istituzione addetta alla custodia e all’impiego di danaro a corso legale. Detto in altri termini: l’elemento psicologico costitutivo della norma giuridica risiede nella convinzione per la quale la veridicità e validità del denaro siano assicurate e tutelate dalle leggi statali. Il punto è molto delicato, in quanto pone in discussione la certezza stessa del diritto. Che cosa penserebbe il comune cittadino se fosse messo al corrente che i mezzi monetari ricevuti dalla banca sono ben lungi dal rivestire quell’efficacia solutoria in cui egli ha fede? Cosa direbbe se realizzasse che la somma che riceve non è affatto denaro a corso legale ma mezzi monetari altri, succedanei ma non fungibili? Tanto vale utilizzare danaro contraffatto o cambiali private, che in astratto sono perfettamente idonei a svolgere le medesime funzioni di scambio del danaro a corso legale. Ciò mette perfettamente in evidenza come il valore monetario non sia una qualità materiale o intrinseca del simbolo o segno monetario, precisamente come quanto sosteneva il Prof. Giacinto Auriti. È evidente che la diffidenza con altri mezzi di pagamento deriva dall’incertezza sulla loro validità e tutela giuridica, incertezza che invece nulla ha a che vedere con il valore dell’unità di conto. Per esempio, il possessore di un titolo cambiario espresso in euro potrebbe ritrovarsi il suo titolo privo di validità (salvo le azioni di regresso), per insolvenza del debitore principale, senza che questo fatto intacchi minimamente il valore dell’euro inteso come unità di conto. Sono i suoi euri che non sono più validi, non quelli degli altri o a corso legale, né tantomeno il valore dell’euro ne risulterebbe menomato.

 

La BCE è tuttavia ancora più esplicita. Essa specifica sul suo sito in una nota risalente al 24/11/2015, riaggiornata con le ultime “rivelazioni” al 20 giugno 2017(1), quanto segue. La moneta emessa dalla Banca Centrale Europea, denominata “moneta esterna”, differisce da quella generata dalle banche commerciali, denominata “moneta interna”. La prima viene emessa per soddisfare la richiesta di liquidità da parte delle banche commerciali e, a detta di questa nota della BCE, “non rappresenta debito per nessuno”, mentre la seconda viene emessa dietro garanzia del credito privato.

 

In verità, dubitiamo che la “moneta esterna” non rappresenti debito per nessuno, considerato che la stessa viene erogata per finanziare il sistema bancario mediante prestiti (per lo più a brevissimo termine) oppure mediante acquisti diretti di attività (ossia di passività di qualcun altro) sul mercato finanziario. Del resto fu lo stesso Presidente della BCE, Mario Draghi, in risposta ad una interrogazione dell’On. Scurria(2), ad affermare che le passività della BCE, ossia la moneta esterna, traggono il loro valore dalle attività detenute dall’Istituto di emissione. E cosa sono, in ultima analisi, queste attività (a parte le riserve auree) se non altro che passività di qualcun altro?

 

Quel che è certo è che ora Bankitalia candidamente conferma quel che per noi era già una certezza. Avevamo già affrontato il problema di moneta “vera o falsa” il 10 giugno 2017, pubblicando sul nostro sito l’articolo: “Bankitalia: le banche prestano soldi non legali”(3). In tale sede sostenevamo come la BCE sia perfettamente consapevole che permettendo alle banche commerciali di immettere “moneta interna” queste sono destinate a fallire. Ciò per un puro fattore logico-matematico: esse sono infatti immerse nello stesso tessuto economico finanziario. A tal proposito si veda l’articolo La morte programmata di una cellula bancaria(4).

 

Sempre sul testo della BCE (1) leggiamo che “La moneta interna invece è così denominata perché ha come contropartita il credito privato: se tutti i crediti detenuti dalle banche verso il settore privato fossero estinti, la moneta interna creata sarebbe annullata. Quindi, è una forma di moneta che viene creata, e può essere annullata, nel settore privato dell’economia”.

 

Anche su questo punto abbiamo assunto una posizione critica. Con l’articolo “Creare moneta dal nulla non è reato né falso in bilancio(5) sosteniamo che occorre porsi all’osservazione dell’emissione monetaria non considerando la singola banca isolatamente, ma nel suo complesso. Essa è infatti parte di un aggregato ossia di un unico sistema, appunto il sistema bancario. In quell’articolo abbiamo affermato come le banche emettano e prestino di fatto una propria moneta, come una promessa e quindi un proprio debito, spacciandola per moneta vera e con valore legale. Ma ciò che è particolarmente grave è che per fare questo chiedono la garanzia del privato richiedente.

 

In conclusione: le banche commerciali emettono un proprio debito facendolo credere moneta, però garantita dal privato richiedente. Il richiedente garantisce per se stesso tramite una banca che si fa pure pagare interessi e commissioni su ogni transazione. Sappiamo, tuttavia, che gli interessi non ci sono in circolazione e quindi, seppur contabilmente la moneta interna fosse “annullata” il sistema non sarebbe comunque in equilibrio. Al contrario si genera uno squilibrio sempre più marcato, fino al punto di rottura. Queste stesse posizioni sono state sostenute anche in un altro articolo, “Ci prestano il "nulla" e rivogliono tutto(6) del 17/05/2016.

 

Torniamo a parlare di fattispecie giuridica. L’unica via per restituire alla moneta la sua propria funzione è battersi per la proprietà popolare della moneta, per la proprietà del portatore.

 

24 Settembre 2017

Per Scuola Studi Giuridici e Monetari “Giacinto Auriti”, Ugo Genovesi, Massimiliano Scorrano

 

note

  1. https://www.ecb.europa.eu/explainers/tell-me-more/html/what_is_money.it.html

  2. https://www.ecb.europa.eu/pub/pdf/other/20130716_scurria.it.pdf?c73d64aa33271cc0ccbb62ee46ac0f4d

  3. http://www.giacintoauriti.com/notizie/157-bankitalia-le-banche-prestano-soldi-non-legali.html

  4. http://www.giacintoauriti.com/notizie/152-la-morte-programmata-di-una-cellula-bancaria.html

  5. http://www.giacintoauriti.com/notizie/143-creare-moneta-dal-nulla-non-e-reato-ne-falso-in-bilancio.html

  6. http://www.giacintoauriti.com/notizie/137-ci-prestano-il-nulla-e-rivogliono-tutto.html